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Salute digitale e ricerca: la Vulvodinia esiste, adesso studiamola


Sempre di più Internet e le nuove tecnologie ci aiutano a informarci e a prenderci cura della nostra salute. Quando, invece, una determinata condizione è poco nota o poco trattata, la rete diventa fondamentale per comprendere quello che sta succedendo, avvicinare pazienti e curanti, estendere e velocizzare la raccolta dei dati, contribuire perfino allo sviluppo della ricerca.

C’è dunque un legame tra salute digitale e ricerca, ed è proprio quello che ho “scoperto” qualche settimana fa. Girovagando su Instagram (a proposito mi trovate anche lì @psicoparoleinfiore) mi sono imbattuta nella ricerca condotta da Claudia Chisari. Claudia è dottoranda presso il King’s College di Londra, sta svolgendo una tesi sulla Vulvodinia ed è la preziosa ospite del #giovedigital di oggi.

Di cosa si tratta La Vulvodinia è una condizione ginecologica caratterizzata da dolore persistente (3 mesi o più) in sede vulvare senza una causa specifica identificata. La Vulvodinia può essere provocata (dolore che avviene in seguito al tatto, rapporti sessuali, abiti stretti) o spontanea, localizzata (se riguarda alcune zone specifiche dell’area vulvare come ad es. il vestibolo) o generalizzata (se coinvolge tutta o più parti dell’area vulvare).

  1. Ciao Claudia e benvenuta! Cosa ti ha spinto ad occuparti di Vulvodinia e qual è l’obiettivo della tua ricerca? Ciao, grazie per l’invito! Ho cominciato ad interessarmi di dolore cronico – e in particolare Vulvodinia – durante l’università. Purtroppo, non essendo visibile o sempre riconducibile a un danno nervoso, il dolore cronico viene spesso considerato inesistente o di natura esclusivamente psicologica. Per questo chi ne soffre rischia una pesante invalidazione da parte dei professionisti sanitari – “è tutto nella tua testa”, “è normale”, “non ci pensare…” –, e di andare così incontro a ulteriore sofferenza. Inoltre, ancora oggi esistono grandi differenze nella diagnosi e gestione del dolore cronico tra uomo e donna, il che mi ha spinto a occuparmi di dolore femminile. Spesso le donne con dolore cronico vengono diagnosticate più tardi degli uomini, perché non vengono credute e perché il dolore femminile ha ancora maggiori probabilità di essere considerato “psicologico” rispetto a quello maschile. Nella Vulvodinia la situazione è ancora più complicata. Nonostante gli studi epidemiologici abbiano rilevato un’incidenza della Vulvodinia del 28% sulla popolazione (dato in crescita), il 60% deve consultare più di 3 medici prima di ricevere la giusta diagnosi, mentre il restante 40% non arriva mai alla diagnosi corretta (né al trattamento adeguato). Sulla base di queste considerazioni, l’obiettivo della ricerca è creare un modello bio-psico-sociale della Vulvodinia che, integrando la componente medica e psicosociale, riesca a inquadrare la malattia nella sua globalità. In una prima fase, creeremo il modello per testarlo sulla popolazione con Vulvodinia. Successivamente valuteremo l’efficacia di una nuova terapia, basata sul suddetto modello, nel migliorare sia sintomi fisici (dolore e disfunzione sessuale) che le ripercussioni psicologiche (depressione, ansia, dismorfismo corporeo) … speriamo di riuscirci!

  2. Se dal punto di vista fisico chi soffre di Vulvodinia avverte dolori e/o bruciori, spesso incompresi e invalidanti, ai genitali esterni (vestibolo, clitoride, ecc.) e ipertono muscolare del pavimento pelvico…cosa succede a livello psicologico? Quali sono gli aspetti psicologici più associati alla Vulvodinia? Come in molte altre malattie croniche, spesso le persone con Vulvodinia si ritrovano a fare i conti con ansia e depressione. Queste possono essere legate al dolore in sé – per lungo tempo rimasto incompreso e taciuto –, a una crescente ipervigilanza verso i sintomi e il corpo, alle difficoltà relazionali e di coppia che nel tempo possono insorgere, alla fatica di giungere a una diagnosi, all'incertezza delle cure, ai costi (economici e non) che la malattia comporta. Inoltre, la Vulvodinia può danneggiare l’immagine corporea (dismorifsmo del corpo o genitali) e incide molto sull'esperienza di sé, della propria sessualità e femminilità, lasciando posto alla sensazione di essere una "donna rotta, a metà, che non funziona”. In più, chi soffre di Vulvodinia deve confrontarsi con una cultura che generalmente non ammette il dolore ai rapporti o ai genitali, il che porta le donne – ma anche gli uomini! – a minimizzare, a provare imbarazzo, a non parlarne con nessuno. Questo spiega il grande senso di isolamento rilevato in questa popolazione. Questi gli aspetti psicologici più noti, ma sono tanti quelli che meriterebbero ulteriore attenzione e approfondimento. Per questo dobbiamo sostenere e mandare avanti la ricerca!

  3. C’è qualcosa che vorresti dire alle persone che soffrono di Vulvodinia? Come iniziare a stare meglio? Sì, non mettete mai in dubbio il vostro corpo e voi stesse! La Vulvodinia è una malattia, il fatto che i suoi sintomi siano invisibili non significa che non esista, mai dubitare di questo! È importante aprirsi con persone di fiducia e che ascoltino senza giudicare. È fondamentale costruirsi attorno un team che tratti la Vulvodinia nel suo insieme, a livello fisico e psicologico, e che ne riconosca le ripercussioni in chi ci convive. Non lo nego, curare la Vulvodinia non è semplice. Ad oggi non esiste un’unica linea di trattamento, per cui talvolta, prima di stare meglio, si può incappare in diversi tentativi e alcuni errori. Ma anche quando niente sembra funzionare, bisogna resistere e continuare a cercare, perché dalla Vulvodinia si può guarire!

 

Ringrazio ancora Claudia per la disponibilità e soprattutto per avermi dato l’opportunità di affrontare almeno tre dei temi che mi stanno più a cuore: la Vulvodinia, le diseguaglianze di genere nella salute e la salute digitale. Concludo aggiungendo tre note a margine:

  • Non tutte le persone che soffrono di Vulvodinia devono necessariamente essere donne o riconoscersi nel genere femminile. Anche quando ci è scappata una desinenza al femminile di troppo, sappiamo che ci siete e non siete sol*. Qualora lo desideraste, siamo pronte ad accogliere la vostra storia;

  • Trattare la Vulvodinia è un percorso lungo e non sempre lineare, specialmente se perdura da tempo. Attenzione a chi propone soluzioni facili, ma anche a non precluderci più o meno consapevolmente la possibilità di stare bene, meglio (anche in coppia)!

  • Se soffri di Vulvodinia, partecipa alla ricerca di Claudia cliccando qui (soltanto in inglese, almeno per ora)!

una donna con un fulmine dolorante sull'area genitale

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