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Salute digitale e psicologia: è nato Cerebrum


DISCLAIMER. Questa intervista, così come #giovedigital, nasce dal desiderio di esplorare il mondo della salute digitale e di sondare quali connessioni esistano o si possano creare tra chi si occupa di psicologia e chi invece di innovazione per la salute.

Beh, cosa fate voi quando non sapete qualcosa? Provate a chiedere, no?

Tecnologie come realtà virtuale e realtà aumentata stanno trasformando l'universo salute e con esso anche le cure psicologiche

Ho avuto il piacere di parlarne con Donatella Ruggeri (nella foto), psicologa fondatrice di Hafricah e ideatrice insieme a Idego e PRoMIND di:

Cerebrum, il primo strumento per la riabilitazione cognitiva digitale! 

E: Ciao Donatella e benvenuta! Com’è nato Cerebrum e qual è il suo obiettivo?

D: Ciao Elisabetta e grazie per questa intervista. Come hai anticipato Cerebrum è un’app di riabilitazione cognitiva che usa una nuova tecnologia, la Realtà Virtuale. L’idea nasce dalla volontà di portare a disposizione del clinico e riabilitatore uno strumento facilmente accessibile e usabile per innovare con efficacia il modo di fare terapia.

Sebbene la Realtà Virtuale non sia proprio una novità in quanto tecnologia, è diventata più accessibile in termini di costi e strumentazione solo negli ultimi anni. Già da un po' il settore sanitario ha introdotto gli ambienti virtuali per la diagnosi e la terapia di diversi disturbi, sia in ambito fisico-motorio che psicologico, ma sono pochi i colleghi psicologi ad aver provato un’immersione virtuale. Al recente Festival Psicologia di Roma abbiamo proprio voluto dare la possibilità, ai tanti che si avvicinano alla tecnologia, di sperimentare in cosa consistono la terapia e la riabilitazione con la Realtà Virtuale.

Donatella e la VR: SA-SA, 1 2 3 PROVA

Inoltre, ad oggi la riabilitazione cognitiva si svolge in un setting standard e con esercizi cartacei o computerizzati che comportano miglioramenti della prestazione osservabili e misurabili, ma che poi difficilmente vengono "trasferiti" nella quotidianità del paziente.

Mi spiego meglio: un paziente può migliorare nella capacità di memorizzare un testo letto in un ambiente controllato come quello in cui si svolge la riabilitazione, ma non è detto che questo esercizio migliori, ad esempio, la sua capacità di prestare attenzione e memorizzare un articolo di un giornale letto coi rumori di sottofondo di una abitazione comune o di un bar.

In altre parole, con la Realtà Virtuale il paziente può "immergersi" ed allenare una funzione poi più facilmente riutilizzabile anche nei contesti di vita.

In questo senso, la Realtà Virtuale diventa la risposta più immediata, facile ed economica. Se il clinico volesse fare una esposizione più realistica, infatti, probabilmente dovrebbe recarsi in luoghi diversi o a casa del paziente, con costi temporali ed economici più elevati.

Oggi il riabilitatore può scaricare un’app, inserire lo smartphone dentro un visore e “portare” il paziente lì dove la riabilitazione diventa più ecologica!

Cerebrum contiene esercizi a difficoltà crescente e il suo impiego può quindi essere modulato in base alle richieste del caso, è molto versatile e assolutamente integrabile in seduta.

E: Immagino abbiate collaborato con professionisti provenienti da settori apparentemente distanti dal “mondo della psicologia” (designer, sviluppatori, ecc.): com’è andata?

D: Il lavoro con un team variegato è meraviglioso!

Abbiamo dovuto coordinare e fare coincidere diversi bisogni e background professionali, senza perdere di vista l’utente finale dell’applicazione, ovvero il paziente.

Per me che vivo lontana dalla città in cui si svolge la maggior parte del lavoro, si è sommata anche la necessità di dover seguire le cose da remoto, con strumenti digitali che ci hanno consentito di restare sempre in comunicazione, in ogni fase del progetto.

Il clima del team è sempre stato incentrato sulla condivisione del proprio punto di vista non solo personale ma anche tecnico scientifico e questo ha consentito di creare un prodotto innovativo che, da un lato, usa le ultime tecnologie e, dall'altro, risponde alle comuni necessità del cliente (lo psicologo / riabilitatore).

E: Secondo te, qual è la sfida maggiore per chi - da psicologo - vuole innovare nel campo della salute? E quale caratteristica non può proprio mancargli?

D: La sfida più grande è uscire dalla mentalità da lettino, che oltre ai nostri utenti talvolta affligge anche noi. Per qualche motivo, sono pochi, almeno quelli che conosco io, in grado di vedere davvero il valore aggiunto che portano nel mondo. Spesso tendiamo a mantenere un basso profilo, senza andare oltre la linea mentale che tracciamo tra la professione e il mondo reale. Il rischio è di restare chiusi in studio a... specchiarci nella specializzazione appesa al muro!

All’innovatore del futuro non può mancare:

1. Intraprendenza

2. Un buon senso di autostima e autoefficacia

3. Una conoscenza dei trend e delle tecnologie emergenti

E: Un’ultima domanda, anzi due.

Quali sono, nella tua esperienza, le richieste che gli innovatori della salute potrebbero o vorrebbero farci, in quanto psicologi? E secondo te, cosa possiamo fare per sviluppare questo dialogo?

D: Credo che una grande richiesta riguardi la formazione e l’aggiornamento, per le quali ci stiamo già attrezzando con un calendario di appuntamenti in qualità di creatori di Cerebrum e di promotori dell’uso delle nuove tecnologie in terapia. I professionisti spesso fanno fatica a seguire le novità o a stare al passo con le ultime scoperte scientifiche e tecnologiche. Questo è anche un bisogno che io personalmente cerco di soddisfare con la mia attività di divulgatrice per Hafricah e Settimana del cervello e che fai in modo molto efficace e originale tu con l’iniziativa #giovedigital.

In base alle domande che ricevo, vedo che la necessità è proprio quella di imparare ed apprendere affidandosi però a qualcuno che sappia quel che dice e che forse abbia anche il coraggio di ammettere se una cosa non la sa, o non l’ha approfondita.

Insomma, mi sembra che siamo alla ricerca di una nuova “modalità” di apprendimento, anche più informale, più relazionale, più social.

Per questo il networking è fondamentale! Chiacchierando, si scoprono parecchie relazioni in comune, indice del fatto che tra “innovatori” ci si tiene sott’occhio e in contatto, in modo positivo. Non si è sempre o necessariamente competitor, si diventa dialogatori e spesso collaboratori. Questo è un ingrediente che mi sembra essenziale per crescere: avere voglia di conoscere altre realtà, di far domande, di aprirsi alla “contaminazione” di idee e progetti.

___________________ Scopri gli altri contenuti legati a 

#giovedigital su Find Your Data ed Hafricah.net

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